La psicosocioanalisi è l’approccio clinico di matrice psicoanalitica che si prende cura, oltre che della sofferenza individuale e gruppale, anche del disagio istituzionale. La psicosocioanalisi nasce e si afferma in Italia attraverso gli studi e le ricerche di Luigi Pagliarani e dei suoi collaboratori, che hanno coniugato gli studi della socioanalisi inglese (E. Jaques, I. Menzies) con l’apporto teorico-metodologico degli psicoanalisti che si sono occupati di gruppi sia terapeutici, che formativi (T. Borrow, W. Bion, M. Balint, S.H. Foulkes, R. Kaes, D. Anzieu). La ricerca è stata poi arricchita dall’incontro degli psicoanalisti argentini (E. Pichon Riviere, J. Bleger, J. Puget), in particolare con la teoria e la prassi del gruppo operativo, e dagli spunti messi a disposizione dalle scienze della complessità (G, Bateson, E. Morin, H. von Foerster, F. Capra).

La Psicosocioanalisi è una teoria, un metodo e una tecnica fondati sulla costante attenzione verso il nesso interagente tra individuo, coppia e società. Una chiara, schematica definizione della psicosocioanalisi è data dalla figura seguente: dove le quattro caselle indicano:

  1. Genitus: è la condizione di figlio, di generato, di messo o venuto al mondo, condizione che ci rende tutti uguali e nello stesso tempo vede ognuno come un unico.Il riquadro è evidenziato, rispetto agli altri tre, perché da questa condizione originaria dipende tutto il resto, e per tutta la vita.

  2. Globus: rappresenta il gruppo, di ogni dimensione e natura.

  3. Faber: si tratta del singolo individuo operante in un contesto e in situazione.

  4. Officina: termine latino che indica il gruppo co-operante in tutti i sensi, quale insieme di individui che operano ed interagiscono.

Il quadrato, se guardato orizzontalmente osservando i settori 1 e 2 (Genitus e Globus) evidenzia il mondo degli affetti, delle emozioni, delle angosce, dei fantasmi affrontato dalla psicoanalisi: dove con il termine Genitus ci si riferisce alla psicoanalisi individuale o, meglio, duale e con quello di Globus si intende la psicoanalisi di gruppo, o gruppo analisi. Mentre coi settori 3 e 4 (Faber e Officina) si evidenzia il mondo dell’operatività, del fare, del produrre affrontato dalla socioanalisi, dove per Faber si intende la consulenza socioanalitica nella gestione del ruolo di una persona e per Officina ci si riferisce all’ intervento socioanalitico nell’istituzione.

Guardato verticalmente, invece, il quadrato evidenzia nei settori 1 e 3 il mondo al singolare, la realtà dell’individuo, mentre i settori 2 e 4 attengono al mondo al plurale, della società. Genitus e Faber riguardano l’Io, il Tu e l’Egli, mentre Globus e Officina riguardano il Noi, il Voi e il Loro.

La figura nel suo insieme si presenta staticamente come una gabbia. Ogni casella è chiusa e ferma. Il trattamento psicosocioanalitico consiste nell’aprire i settori, nell’inserire una porta (da aprire o da chiudere) nelle diverse dimensioni, introducendo dinamismo tra questi spazi con il risultato di espandere la vita affettiva e operativa della persona e del gruppo (sia questo un’istituzione, la società o la cultura vigente), superando i vissuti e le resistenze che appesantiscono la situazione attuale, in modo che venga gestita secondo la sua realtà effettiva. Esempio: una cattiva gestione del ruolo da parte di Faber viene sanata e restituita a una efficace e realistica funzionalità in virtù di un’esplorazione – lunga o breve, comunque Brevior, più breve, la più breve possibile – in Genitus; idem per Officina, invitata a esplorarsi in Globus.

L’efficacia – e la necessità – di un tale approccio si può apprezzare considerando una situazione di lavoro istituzionale – Officina – in cui il numero dei membri, addestrati e allenati a interrogarsi dal vertice di Genitus ogni qualvolta vivano difficoltà in Faber, sia piuttosto alto. Una situazione sterile, per non dire catastrofica, al contrario si ha quando i membri di Officina abitano le situazioni di crisi sotto il peso delle tare individuali e gruppali, dove i fantasmi de-reali aggravano e sporcano (lordo) insopportabilmente i problemi di lavoro e di relazione. In sintesi, la figura – dinamicamente trasformata – diventa la seguente:

dove i vettori segnalano l’andirivieni nel tempo tra uno spazio e l’altro, a seconda del processo in corso. Degno di nota è che tale approccio rifonda la connessione dei due verbi «amare» e «lavorare» ritenuti capitali dal primo Freud, ma poi scissi al punto che la letteratura psicoanalitica sul lavoro – antecedente a Jaques – è insignificante. Indicativa è altresì la circostanza che vede l’ultimo Bion – tornato a pensare e a indagare sui gruppi e sul potere – formulare la necessità di una psicosocioanalisi. Questa convergenza tra scuola inglese e scuola italiana risulta ulteriormente avvalorata dagli approdi cui è pervenuta autonomamente la scuola neo-latina (Pichon-Rivière in “La teoria del vincolo” era arrivato a operare simultaneamente – andando oltre Freud e la Klein – su tre dimensioni d’indagine terapeutica: l’indagine dell’individuo, del gruppo e dell’istituzione-società).

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La psicologia non è “per gli altri”, né per i cosiddetti malati di mente o riservata a chi ha necessariamente un disagio di vivere.

La psicologia è vita, conoscenza, apprendimento, e comprensione della realtà che ci circonda.

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