UN AMORE DA MORIRE

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Ci ha colpito l’ennesimo fatto di cronaca che ha visto protagonisti una coppia di genitori e una coppia di gemelli, i loro figli di dodici anni.

Il dolore ingestibile dovuto alla annunciata separazione dalla moglie ha indotto il padre dei ragazzi ad organizzare il macabro piano: andare in vacanza con i figli mentre la moglie restava in città, concedere loro, ignari, gli ultimi momenti di felicità e poi sacrificarli prima delle tenebre. Ma non prima di aver avvertito la moglie che non avrebbe mai più rivisto i suoi figli. Per poi seguirli nel loro triste destino, gettandosi da un ponte.

Cosa induce un tranquillo padre di famiglia, dall’irreprensibile comportamento a detta di vicini ed amici, a perpetrare un gesto così drammatico? A chi egli, nella sua folle angoscia, desidera fare del male: alla moglie, castigata con il dolore più grande che una madre possa conoscere, quello della morte di un figlio? Ai suoi figli, colpevoli di aver costituito uno spazio relazionale prima “tutto pieno” dal rapporto con la compagna, rei di aver lacerato una prossimità psicologica asfissiante, ma per lui così rassicurante, dove la sua identità e quella della moglie erano confuse, due nuove individualità in divenire che hanno rappresentato cosī una possibiltà di amore “altro” tra sé e la sua donna, un amore che avrebbe potuto sottrarre vigore ed energia alla loro relazione? O a se stesso, nel momento in cui ha realizzato a cosa lo aveva portato il non riuscire a tollerare l’idea che la sua vita, sebbene con una nuova organizzazione e tanto dispiacere, avrebbe potuto continuare ad essere a partire da un’alterità che egli non era mai riuscito a raggiungere?

Il processo di individuazione si costruisce, tra progressi e regressi continui, nel corso dello sviluppo dell’essere umano che passa dalla situazione di neotenìa tipica del cucciolo d’uomo, durante la quale è assolutamente dipendente dalla madre con la quale sente di essere un tutt’uno per un tempo lunghissimo rispetto alle altre specie animali, alle diverse fasi progressive dell’infanzia per poi compiersi, se il processo non incontra rallentamenti o addirittura blocchi, durante l’adolescenza.

Se il processo di personificazione fallisce e non consente di individuarsi come entità distinta dall’altro, ecco che il rischio di non riuscire a separarsi dalla figura primaria di riferimento diventa reale, così come quello di reiterare il meccanismo in altre relazioni significative dove il confine tra il sé e l’altro è troppo sfumato, se non inesistente.

In questi casi, se la promessa di amore eterno del partner viene dunque meno, se la sua attenzione si rivolge ad altre relazioni, non si è confrontati unicamente con il lutto di una progettualità sfumata, ma con la morte della propria persona, che non si può nemmeno immaginare in altri dove e in altro tempo. La separazione non è nemmeno concepibile, diviene impensabile e disperante. Se la coppia imprigionata non può più essere, anche le due parti che la compongono non possono più esistere individualmente. La fine della coppia significa la morte del singolo.

Luglio 2020.

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