COME CI SENTIAMO QUANDO SUBIAMO UN FURTO

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Elena, subire un furto è qualcosa che possiamo considerare una violenza… come ci fa sentire?

Ci fa stare molto male, ci fa provare sensazioni difficili da reggere, perché sono tante e arrivano tutte insieme. Tendenzialmente sono quattro o cinque le fasi che si riconoscono nelle emozioni che colpiscono chi subisce un furto.

La prima reazione è lo schock, Si riceve un pugno nello stomaco, che toglie il fiato. Un pugno metaforico ovviamente, ma che somaticamente corrisponde veramente ad una percezione reale, una sensazione sgradevolissima cui segue una reazione di incredulità e sbigottimento.

La seconda è il rifiuto. Non si tratta tanto del rifiuto di riconoscere quanto è successo, ma di accettare che le conseguenze siano così perturbanti. Per alcuni subentra allora la sensazione di “vivere in un film”, qualcosa del tipo “questa cosa non sta succedendo a me”. Sono le reazioni che tipicamente si attivano in risposta ad un trauma: una sorta di anestetizzazione delle emozioni che viene messa inconsciamente in atto allo scopo di proteggere il nostro apparato psichico da un urto troppo forte, che rischia di infrangerlo. È il rifiuto delle realzioni emotive che il furto ha causato in noi, ci allontaniamo dalla reazione disturbante fino a sfociare nella negazione di ciò che è accaduto, per l’impossibilità di reggere l’angoscia che si scatena in me se ne prendo coscienza fino in fondo.

La terza reazione è costituita dalla tristezza per aver subito una violenza, un sopruso, soprattutto se il furto riguarda la nostra casa, dimora non solo dei nostri oggetti e delle persone che amiamo ma luogo privilegiato a simboleggiare le nostre parti interne. L’invasione della nostra intimità si traduce in tristezza per una violazione profonda, al di là della consistenza del furto e del valore economico degli oggetti derubati: l’intrusione nella nostra intimità. Trovare, ad esempio,  i cassetti della biancheria rovesciati è non di rado un’emozione che ti colpisce in pancia forse più dello scoprire che è stato forzato lo scrigno dei gioielli.

La quarta reazione che spesso si accompagna alla tristezza, non sempre con un ordine prestabilito, è la rabbia: emozione che va fatta fluire, non va repressa per rispondere a canoni di compostezza e pacatezza, o perché siamo in genere in grado di rimanere pacati di fronte alle difficoltà, per buonismo verso chi si è reso colpevole del crimine, o perché perdere il nostro self-control rischia di far saltare un sacco di altre difese ben strutturate. È comprensibile e non deprecabile provare rabbia  per aver subito un torto, un danno, un’ingiustizia. Spesso si cerca il colpevole, non solo del furto intendo, ma di colui che ha consentito che il furto si potesse compiere, una sorta di proiezione dell’aggressività sul capro espiatorio colpevole. E allora avanti con la ricerca del responsabile! Chi non ha inserito l’antifurto della casa? Chi ha lasciato la scala del giardiniere sotto al balcone che i ladri hanno usato per introdursi in casa? Chi ha lasciato i gioeilli nel cassetto senza riporli in cassaforte? La rabbia paradossalmente trova minor sollievo se non è correlabile ad una nostra (o di altri) colpa, trascuratezza, inadeguatezza.

A volte subentra anche la quinta reazione, legata alla paura. Percepibile se esiste la reale possibilità che l’evento possa ripetersi. E soprattutto presente se il furto che abbiamo subito ha messo a repentaglio la nostra incolumità, come un furto con scasso durante la notte mentre stavamo dormendo, l’essere stati minacciati con un’arma, il fatto che un membro della nostra famiglia sia stato preso in ostaggio, ma anche essere abbordati da un’auto su una strada solitaria o seguiti nei meandri di una metropolitana. Le immagini dell’evento subito possono essere ancora molto vivide e ripresentarsi durante il giorno o diventare incubi notturni. È da valutare quindi anche se questi segni assolvono i criteri della sindrome post-traumatica da stress.

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