COS’È L’AUTISMO?
È preferibile parlare di autismi, piuttosto di autismo. Perché non si tratta di una patologia che si esprime in maniera univoca in tutti i pazienti per manifestazioni, sintomi, prognosi e terapia. Si parla oggi di disturbo dello spettro autistico all’interno del quale si riconosce una discreta variabilità diagnostica per le differenze che esistono tra le sue manifestazioni e una variabilità individuale in funzione del temperamento di colui che ne è portatore, degli eventi di vita, dei fattori ambientali.
A COSA SI ATTRIBUISCE LA CAUSA DELL’AUTISMO?
Tradizionalmente la teoria psicodinamica identificava nell’alterazione della relazione madre-bambino nelle fasi precoci dello sviluppo l’origine del disturbo. Bruno Bettelheim coniò il termine di “madri frigorifero” e “fortezza vuota” ad indicare la scarsità di interazioni e di risonanza affettiva che impedisce al bambino di riconoscere le emozioni. Frances Tustin della Tavistock Clinic di Londra si riferì a “guscio autistico” quale conseguenza di una rottura precoce del legame.
La legittimità scientifica di queste teorie non sono molto consistenti, sicuramente negli hanno creato grandi sensi di colpa nei genitori ritenuti gli unici responsabili della difficoltà del figlio. All’autismo furono a lungo associate immagini sociali distorte, per la relazione diretta che veniva rilevata tra autismo e classi sociali agiate. Venne pure chiamata la “malattia dei ricchi”, per il fatto che i bambini delle classi sociali meno acculturate ed abbienti non venivano di fatto diagnosticati. È accertato che non esiste di fatto una correlazione sociodemografica, ma una correlazione legata al genere, essendo più frequente nei maschi.
Più recentemente la teoria biologica riconosce un’alterazione cerebrale multifattoriale.
Le aree principali nei confronti delle quali si è indirizzata la ricerca sono tre.
La prima riguarda la struttura e le funzioni del sistema nervoso centrale nella morfologia rilevata con TAC, RMN e PET: le strutture interessate sono soprattutto l’amigdala (emotività, aggressività), l’Ippocampo (apprendimento, memoria), il cervelletto (controllo motorio, verbalizzazione emozioni, attenzione).
La seconda analizza i fattori genetici, indagando aspetti di familiarità (fratelli e gemelli), la diversa incidenza sessuale (maggiore incidenza nel sesso maschile, le patologie genetiche correlate: X-fragile, sclerosi tuberosa, fenilchetonuria. Ancora molti aspetti sono controversi rispetto alla responsabilità esercitata da un singolo gene, da più geni o dall’interazione di geni con fattori ambientali.
Il terzo filone di ricerca si focalizza sui fattori di rischio pre-natali in ragione del legame consistente tra autismo e rosolia, citomegalovirus, toxoplasmosi.
A queste aree di indagine si aggiunge anche lo studio dei fattori ambientali teratogeni (farmaci, esposizione professionale a sostanze).